Di Laura Monticelli
Quando nel 2013 decisi di aprire un’associazione che desse spazio a persone che nella propria infanzia avessero subito forme di abuso e violenza, mai avrei creduto che diventasse una realtà così importante. Non era certo un mio sogno, nemmeno avevo mai immaginato tale possibilità.
Era una necessità e una richiesta esterna, che mi raggiungeva ovunque io andassi a presentare il mio libro autobiografico “La bambina che beveva cioccolata”.
Fu importante l’incontro con una non più giovane signora che, in chiusura di un evento, mi si avvicinò raccontandomi la sua storia. Non ne aveva mai parlato con nessuno e quella sera ci teneva ad essere presente per capire, per guardare come in uno specchio la sua storia attraverso me.
Disse semplicemente che erano passati quasi 70 anni da quella violenza mai dimenticata che influenzava ancora sua quotidianità. La solitudine che aveva vissuto, e continuava a vivere, si percepiva nella sua voce e si leggeva nei suoi occhi. La stessa che vivevo io.
Fu proprio durante questo incontro che nacque, forse, un pensiero diverso da ciò che già stavo facendo e portando avanti con il mio libro. Ci lasciammo con la promessa di rivederci presto e stare insieme di nuovo in uno spazio nostro, sicuro, dove poter parlare liberamente.
Questo incontro particolarmente significativo, come tanti altri, mi spinse a ricercare enti, associazioni, gruppi che si occupassero di noi persone adulte che portavamo il segreto pesantissimo che non poteva essere raccontato semplicemente a chiunque e dovunque.
Niente; la ricerca fu vana. Il tempo passava e io mi sentivo sempre più sola e incapace di dare risposte a me e alle altre.
L’incontro con il gruppo di auto mutuo aiuto Luce di Trento fu di grande ispirazione. L’associazione A.M.A. di Trento aveva dato inizio a una realtà necessaria in città e il primo incontro delle partecipanti mi vide come madrina e fece nascere in me il desiderio di dar vita a qualcosa di simile a Milano, la mia città. Quello che volevo era accogliere le persone, fare informazione e organizzare eventi per parlare di questo tema poco conosciuto e trattato solo negli studi di psicologi e avvocati.
Mi son data della pazza e mille volte mi son detta che mai avrei portato a termine una simile impresa. No, non pensavo a nulla di grande, pensavo a me e a loro. Ai vari incontri, alle varie storie. Pensavo a tutte quelle persone che si sono raccontate in ogni mio evento e mi chiedevo quante altre ce ne fossero là fuori, sole.
Il mio unico desiderio era stare insieme in uno spazio creato apposta per noi. Tutto nostro. Sicuro, protetto e libero.
Così inizia l’avventura, senza nessuna realtà alla quale guardare o ispirarmi. Saremmo stat* l* prim*. Il cuore muove me, la mia famiglia e gli amici più cari. Un passo alla volta, tra tentativi, vittorie e sconfitte. Paure e sorprese infinite.
Oggi Meti è una realtà solida, in continua espansione. Fin da quel primo incontro di condivisione in una fresca serata primaverile con M. senza saperlo, già portavo nel cuore la mia idea di spazio sicuro dove ritrovarsi: i gruppi di auto mutuo aiuto, che accolgono persone da tutta Italia e dall’estero.
I gruppi di auto mutuo aiuto (a.m.a.) sono una realtà in Italia da tantissimi anni. Sono gruppi di persone che hanno vissuto, o vivono, la stessa esperienza, lo stesso problema e si ritrovano per condividere, confrontarsi, darsi vicendevolmente un aiuto tra pari. Nella mia frenetica ricerca iniziale mi ero imbattuta in queste realtà che però si rivolgevano prevalentemente a persone che avevano vissuto da poco un lutto, persone che lottavano contro la dipendenza da alcool o droga, e persone che ogni giorno facevano i conti con la disabilità.
Avrebbe funzionato per noi? Avrebbe funzionato per la nostra esperienza traumatica dove tutto è stigma, segreto, tabù, dolore e sofferenza? Non restava che provarci.
Nel 2015 facciamo il nostro primo convegno sui gruppi di auto mutuo aiuto per persone che hanno subito abusi nell’infanzia e parte il primo gruppo a.m.a. in presenza a Milano. Una realtà che esiste e resiste ancora oggi. Che cresce e si dota di nuovi strumenti, nuove modalità per ritrovarsi e condividere, per dare informazioni e creare dialoghi consapevoli.
Internet è diventato uno strumento preziosissimo nel periodo dell’emergenza Covid-19; ci siamo adattat* a questa nuova modalità di incontro che ci ha permesso di raggiungere un numero sempre maggiore di persone. Il gruppo in presenza a Milano è il più longevo, ma abbiamo aperto in questi ultimi anni ben otto gruppi online. Anche l’arteterapia, di supporto al percorso di auto mutuo aiuto, ha saputo trasformarsi e reinventarsi per continuare il suo lavoro in un altra nuova modalità impensabile prima.
Abbiamo capito nel tempo che questi spazi potevano essere utili anche per quei genitori che avevano vissuto, in seconda persona, un esperienza altrettanto traumatica. Nel 2017 nasce il gruppo a.m.a. per genitori e tutor di persone che hanno subito abusi nell’infanzia. Incontrarsi e condividere è diventato anche per loro necessario per poter dar voce a un dolore che, a volte, va messo da parte di fronte all’urgenza di accogliere il vissuto de* propri* figli*.
Siamo l’unica associazione in Italia composta principalmente da persone che hanno vissuto l’esperienza dell’abuso in infanzia e portiamo avanti un’informazione empatica, vissuta e sofferta attraverso eventi e convegni a tema, e il nostro podcast “Non se ne parla” che ha visto, e vede, la partecipazione di tante persone, professionisti e non, che sentono di poter fare la differenza in questa battaglia contro gli abusi su* minor*. Anche il nostro profilo Instagram è fonte di informazione empatica fruibile a tutt*. Sono diverse le persone dei nostri gruppi che hanno aderito a questo fondamentale progetto e scrivono in anonimato contenuti che vengono pubblicati quotidianamente.
Anche la fotografia è stata nostra alleata, in un progetto dal titolo “Ri-Scatti, storie di abuso all’infanzia raccontate dalla fotografia”, in cui le persone che partecipano ai gruppi a.m.a. hanno voluto sperimentare una nuova modalità di racconto della propria storia.
Importanti sono anche gli incontri nelle scuole con alunn*, insegnanti e genitori perché anche questi sono spazi dove si possono costruire alleanze contro qualsiasi forma di violenza, sia essa rivolta a* bambin* o a* adult*.
Non era un mio sogno di bambina, ma Meti è diventata parte della mia vita e di molte altre persone che hanno saputo trasformare il proprio trauma in qualcosa di positivo per sé e per l* altr*.