“THE SKIN PROJECT”: un progetto per aiutare le donne ad accettare il proprio corpo

Di Erica Caimi

Il desiderio di bellezza forse è insito nella natura della donna; per quanto oggi risulti dominante, non è certo una prerogativa esclusiva della nostra epoca se oltre un secolo e mezzo fa il filosofo francese Paul Valéry affermava: “Definire il bello è facile: è ciò che fa disperare”.

E per alcune è davvero così, la voglia di guardarsi allo specchio e assomigliare al proprio ideale, può trasformarsi in una vera e propria ossessione, una corsa all’impossibile.
Ma cosa succede se dobbiamo convivere con una malattia che altera il nostro aspetto esteriore, ci rende diverse dalla “media” e ci allontana dal modello autoimposto? Cosa accade se è un incidente a marchiarci irrimediabilmente?

C’è chi passa una vita a desiderare di vedersi diversa, chi si accetta fin da subito, e chi fa pace con il proprio corpo dopo un lungo e turbolento cammino.

Io e Alexandra Yackovchuck ci siamo incontrate quest’inverno e, quasi per caso, siamo arrivate a parlare del suo progetto “The Skin project”, che mi ha colpito profondamente.

Ciao Sasha, grazie per avere accettato l’invito delle “Donne della porta accanto”. Raccontaci brevemente chi sei e cosa fai nella vita.

Ciao! Grazie a voi per l’invito! Ho 28 anni e vivo in Russia, a San Pietroburgo. Lavoro nella produzione cinematografica, sono primo assistente alla regia.

Ci racconti com’è nato “The Skin Project”?

Era l’estate del 2018, quando sul set di una serie televisiva ho incontrato una ragazza, Anastasia.  

L’estate era molto calda, eppure Anastasia indossava sempre magliette a maniche lunghe e pantaloni.  

Abbiamo fatto amicizia e mi ha raccontato la sua storia. Quando aveva 5 anni, un bollitore d’acqua le cadde addosso, danneggiando il 60% del corpo. Andò in coma e per poco non morì, subì diversi trapianti di pelle a cui seguì una lunga riabilitazione. È una vita che nasconde le sue ustioni a occhi indiscreti.

Ho deciso di confortarla raccontandole che quando ero piccola e fino a 20 anni ho sofferto di dermatite atopica. Le mie mani erano coperte da un eczema che produceva sangue e prurito e, come Anastasia, indossavo vestiti a maniche lunghe anche nei giorni più caldi per nascondere quelle mani “imperfette”.

A un certo punto le ho chiesto: “Cosa ne pensi se lavorassi a un progetto in cui ragazze attraenti, e con la pelle imperfetta, si mostrassero in biancheria intima? Penso potrebbe aiutare molte persone a credere in se stesse”.

Le foto ritraggono donne in biancheria intima. È come se avessi voluto metterle di fronte alla loro più grande paura: in condizioni di massima vulnerabilità espongono se stesse ai giudizi degli altri. È così? Come hanno reagito alla tua proposta e come hai fatto a scegliere i soggetti?

Proprio così! Ho adottato quest’idea basandomi sulla mia esperienza.
Come ho detto prima, ho sempre nascosto le mani coperte di eczema e nessuno tranne la mia famiglia sapeva che avevo questo problema, nemmeno i miei amici più stretti.
Ma a 16 anni sono stata chiamata da un’agenzia di moda. Bisognava andare al casting in costume da bagno. E questo per me era l’incubo peggiore! Essere mezza nuda davanti a un folto gruppo di sconosciuti!
Naturalmente, non mi hanno mai presa per nessuna sfilata. A chi può servire una modella con un “difetto” della pelle. Ma di volta in volta, andando ai casting, guardavo ripetutamente negli occhi la mia paura. A un certo punto ho accettato la mia pelle. Ricordo di essere andata da alcuni amici e di aver arrotolato le maniche per la prima volta. Per me è stata una svolta!
Così ho capito che questo era l’unico sistema che avrebbe davvero funzionato.
Naturalmente, per la maggior parte delle ragazze, questo è il primo servizio fotografico, soprattutto in biancheria intima, ma io e la mia squadra cerchiamo di creare la più piacevole e amichevole atmosfera possibile.
Le ragazze sono felici di vivere un’avventura del genere! Molte, ispirate dall’esperienza di coloro che hanno già partecipato, capiscono di poter aiutare non soltanto se stesse, ma anche quelle che in futuro guarderanno queste immagini e leggeranno le loro storie. Ad oggi, ho già ricevuto più di 300 candidature da ragazze di tutto il mondo.

Dopo queste foto pensi che queste ragazze abbiano acquisito una maggiore sicurezza in se stesse?

Indubbiamente! Seguo tutte le ragazze con le quali ho fatto il servizio fotografico. Molte di quelle che nascondevano le gambe ora hanno iniziato a indossare gonne corte e shorts, quelle che facevano sparire le mani dentro maniche lunghe, ora pubblicano foto in magliette a maniche corte!
Spesso ricevo anche messaggi da donne che non conosco: “Grazie, per merito del vostro progetto ho comprato il mio primo top”.
Ciò significa che non sto facendo tutto inutilmente.

Nella foto Margo. Fotografa Irina Vorotyntseva

Qual è stata la reazione del pubblico quando sono uscite queste fotografie?

Onestamente, non mi aspettavo che il progetto avesse una tale risonanza. Sui social network, molti hanno sostenuto l’idea, ho iniziato a ricevere tantissimi messaggi di ringraziamento come “Anch’io ho una cicatrice lasciata da un’operazione chirurgica, che tengo sempre nascosta” oppure “Mi sono rimaste delle smagliature dopo la gravidanza per questo non indosso costumi da bagno a due pezzi”. Ho sentito un sostegno formidabile!  A proposito, sono fortunata a non avere haters sull’account Instagram! Non mi è mai capitato di dover rimuovere un commento negativo. Probabilmente perché nell’account ci sono solo persone che la pensano allo stesso modo e quindi regna un’atmosfera di amicizia e di sostegno!

Quale pensi sia stata la reazione degli uomini?

Sebbene il pubblico principale del progetto sia costituito anch’esso da donne, l’account è seguito anche da uomini. Mi scrivono messaggi di ringraziamento, perché anche loro hanno problemi simili alla pelle che procurano non poche sofferenze.
Molti tra questi hanno mogli, sorelle, figlie che partecipano alla loro sofferenza e mi ringraziano per avere creato questa community in cui sentono di non essere sole.

Nella foto Alina. Fotografo Sergej Misenko

Cosa consiglieresti a qualunque ragazza si trovi in una situazione simile?

È un percorso molto difficile, imparare ad amare e ad accettare se stesse con tutte le imperfezioni, soprattutto nella nostra epoca in cui il glamour ci detta determinati canoni di bellezza e l’universo di Instagram è costellato di corpi perfetti e pelli luminose in cui cerchiamo di rispecchiarci.
Naturalmente, è molto importante trovare l’appoggio di persone che ti sostengano e ti aiutino a credere che tu sia la più bella, nonostante tutto. Voglio davvero credere che il mio progetto possa diventare questo sostegno.

Qual è la soddisfazione più grande che ti ha regalato finora questo progetto?

La più grande soddisfazione è la gratitudine sincera. È una sensazione ineguagliabile quando una ragazza, che ha trascorso una vita intera a vergognarsi e a nascondere il proprio corpo dentro larghi felponi, vedendo i suoi bellissimi scatti in biancheria intima dice di non riuscire a credere che sia davvero lei quella nella foto. Perché è così bella! Quasi tutte piangono, sono lacrime di gioia e liberazione!
Ed è questa la reazione che mi fa andare avanti!

Allora indicaci i riferimenti Instagram e Facebook per poter guardare il complesso del tuo lavoro e grazie mille per l’intervista!!

Ecco qui, vi aspetto sul mio account!  https://www.instagram.com/projecttheskin”  Oppure potete seguirmi sulla pagina Facebook “Project The Skin”.

Concludo dicendo è importante non banalizzare la questione. È facile dire che bisogna accettarsi, ma la verità è che nella maggior parte dei casi il percorso è lungo e le tappe del cammino sono del tutto soggettive. Tuttavia, è imprescindibile cercare di vivere in armonia con il proprio corpo e arrendersi al fatto che la nostra identità si definisce anche nei segni che portiamo addosso.

Alexandra Yackovchuck crea “The Skin Project” nel 2018, dopo l’incontro con Anastasia sul set televisivo.  Vuole riunire ragazze con svariate lesioni cutanee come dermatiti, ustioni, cicatrici e mostrare ciò che per anni hanno nascosto. 

I soggetti, fotografati in elegante lingerie, rappresentano donne di diversa età, ciascuna con particolari caratteristiche fisiche. Per rendere al pubblico un’immagine molto fedele alla realtà, Alexandra non è ricorsa a Photoshop, ma ha coinvolto solo truccatori e fotografi professionisti.  

“The Skin Project” non ha scopo di lucro e si pone come obiettivo quello di sostenere psicologicamente le donne oppresse dai propri complessi, dimostrando loro che ciò che credono essere un problema, in realtà non lo è, perché è possibile sentirsi belle per quanto “imperfette”.  Il progetto, concepito fin dal principio per essere internazionale, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica a questo tema e indurre le donne ad amare se stesse e a rispettare la propria pelle, qualunque essa sia.