La mamma è sempre la mamma?
Una riflessione sul ruolo della donna in famiglia e fuori.
Di Alessia Casteni
In questa puntata di Che Buona Notizia! Ho deciso di avventurarmi in una chiacchierata su un tema attualmente piuttosto caldo, quello del ruolo femminile in famiglia, soprattutto rispetto ai figli ma anche a quello che succede quando non ci sono o vengono messi in secondo piano rispetto alle esigenze della mamma. Gli spunti sono tanti, quindi partiamo con ordine.
È di appena qualche giorno fa il comunicato della Corte Costituzionale che ha decretato come “discriminatoria e lesiva dell’identità dei figli la regola che attribuiva loro direttamente il cognome del padre”. Il cambiamento in atto permetterà ai genitori di decidere quale cognome assegnare ai loro figli, contemplando anche la possibilità di dare solo quello della mamma anche nei casi di adozione e fuori dal matrimonio.
Questa riforma garantisce sicuramente una maggiore fetta di diritti anche alle madri che desiderano passare il proprio cognome ai nascituri; questo è un passo positivo che viene però fatto su un terreno ancora dissestato quale è quello del concetto di maternità nella nostra società.
Per molti e molte, ancora, il fine ultimo a cui ogni donna deve tendere. Ogni donna che ha deciso di non diventare madre o non ne ha avuto la possibilità, infatti, si trova ancora oggi a spiegare il perché della sua scelta. Anche per le donne che vivono questo status, però, le domande da parte della società non si esauriscono e molto spesso provengono proprio da altre donne.
Di questi giorni è anche la polemica social contro l’astronauta Samantha Cristoforetti a cui è stato chiesto che ne sarà dei suoi figli mentre lei sarà nello spazio.
Mentre Cristoforetti ha risposto che sarà il papà ad occuparsene, per molti pare che questa sia ancora una risposta ed una scelta snaturata. Insomma, noi donne siamo in prima linea nella richiesta della parità di genere ma gli uomini- papà sembrano non essere ancora considerati abbastanza genitori per prendersi cura dei loro figli.
Questa polemica ha radici molto profonde ed è stata trattata anche recentemente al cinema nel film The Lost Daughter, esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal. Il film, ispirato al romanzo di Elena Ferrante, ha vinto la miglior sceneggiatura a Venezia 78 e si è aggiudicato tre nomination agli Oscar. La pellicola è un adattamento infedele dal soggetto del libro di Elena Ferrante La figlia oscura – The Lost Daughter e porta sullo schermo aspetti della maternità che fino ad oggi erano stati censurati. La scelta della regista di proporli al cinema ha proprio l’obiettivo di rompere questo tabù: “Invece di leggere certe cose ognuno per conto proprio, che effetto farebbe portarle sullo schermo, magari in una sala con accanto tua madre, tuo marito, tua figlia? Così non potrebbero più rimanere nascoste”.
Nel film seguiamo la vicenda della protagonista Leda Caruso, interpretata da Olivia Colman in età matura e da Jessie Buckely da giovane, che viaggia da sola in Grecia per una vacanza.
La pressione sociale del luogo sulla donna ci mostra quanto sia ancora difficile per i più accettare una donna sola in viaggio e quanto ogni persona che incontra cerchi di capire i perché dietro alla sua vacanza in solitaria. Diventa quasi ironica a un certo punto la continua domanda indiretta che viene posta a Leda “se ha bisogno di qualcosa me lo dica” che le viene ripetuta senza sosta da tutti.
Come se una donna sola dovesse per forza avere bisogno di qualcosa che da sola non può ottenere. Il film permette inoltre allo spettatore di fare un’onesta riflessione su quello che ancora oggi le persone si aspettano da una donna. Ancora di più se adulta e possibile madre. La regista è capace di suggerire nel film tante sotto trame da seguire per dare spunti variegati sulla vicenda.
Una di queste è il legame spontaneo che si crea tra Leda e Nina, giovane madre alle prese con una bambina piccola in cui Leda rivede le sue difficoltà giovanili. Il finale stupisce piacevolmente, disattendendo gran parte delle aspettative.
Se vi state chiedendo quale sia la buona notizia di questo articolo è proprio questa inversione di tendenza nel parlare di un argomento che è ancora in parte un tabù. La maternità è affrontata sul grande schermo in modo più pieno e realistico.
Come ognuna di noi si trova o si troverà a fare nella propria vita privata, non solo con i propri ipotetici figli ma anche nelle relazioni sociali quotidiane. La giornalista Lea Melandri ne parlava già nel 2015 in un articolo per Internazionale dove definiva la mamma come il primo e l’ultimo tabù.
“Monumento intoccabile della potenza originaria che l’uomo ha conosciuto inerme, in totale dipendenza, e poi sottomesso con le armi che – come scrive Jules Michelet- gli ha dato un privilegio naturale , rafforzato dalla storia con le sue istituzioni e le sue leggi.”
Le parole di Maggie Gyllenhaal in risposta alla giornalista che le domandava se nel film avesse introdotto la sua esperienza personale sono un manifesto di verità :”Ho due figlie, essere madre è la cosa più grande che abbia mai fatto. E’ qualcosa di enorme per quello che ci regala e anche per quello che richiede. Penso non esista una donna che non abbia desiderato andare via di casa, sbattere la porta e lasciare i figli”.