Per sempre in Italia

Di Irma Kurti

Da sempre sono stata divisa in due: una parte di me desiderava attraversare il mare – là dove le luci ed il resto mi parlavano di un bel mistero, irraggiungibile, invitante, da esplorare – e l’altra amava la mia terra, la mia patria, dove avevo i ricordi e i miei amori.

Nel settembre 1998 ho cercato per la prima volta di rimanere in Italia. Il visto mi è scaduto molto presto e non avevo alcun documento valido per restare. L’ho vissuto come un periodo molto difficile. La lontananza dalle persone della mia famiglia mi graffiava senza pietà l’anima giorno dopo giorno.
Telefonavo loro spesso, consumando quei pochi risparmi che avevo. Durante le conversazioni notavo come il credito diminuisse senza sosta, la carta telefonica si consumava ed io riuscivo a dire ben poco di ciò che avrei voluto comunicare, perciò mi trovavo costretta a comprare un’altra carta. Avevo davvero tanta nostalgia, nemmeno Dio avrebbe saputo descriverla. Al telefono, la mia voce tremava. Tossivo per guadagnare un po’ di tempo, perché non volevo che dall’altra parte capissero ciò che provavo. Dicevo continuamente che, quando mi sarei sistemata, senz’altro avrei pensato anche a loro.

Avevo iniziato a lavorare in un ristorante, ma non è durata più di  un mese e mezzo. Lì pretendevano velocità; non serviva qualcuno che avesse la testa piena di pensieri ed un’anima colma di nostalgia. Mia sorella viveva a Bergamo Città Alta, città turistica, rumorosa a causa dei troppi stranieri che la visitano in ogni stagione. Però la sua bellezza mi era estranea. Non riusciva a toccare il mio cuore, a farmi girare la testa per osservarla. Ero cieca.
Tutto il mio essere aspettava l’ora in cui dovevo telefonare a mia madre. Ascoltavo la sua voce e tutto il mondo si apriva davanti a me: la cabina telefonica circondata da vetri spessi si allargava, respiravo fino in fondo e mi sentivo felice. La mia giornata acquistava significato solo dopo quella telefonata quando continuavo a commentare tra me e me la conversazione con la mia famiglia.

Spesso imboccavo una strada e camminavo senza meta tra gli antichi vicoli della città, mi perdevo in essi e nella loro freddezza. Ma la mia anima bruciava. Gli italiani mi sembravano più lontani e più diversi che mai. Inavvicinabili, indecifrabili. Nella mia immaginazione erano persone che avevano tanti soldi ed erano felici.  Invece io ero una disperata che cercava lavoro per sopravvivere. Mi sentivo inferiore e spaventata. Nessuno di loro poteva capire cosa significasse lavorare in nero, vivere “in nero”: non avere un nome, esistere e insieme non esistere, non vedere il proprio nome in nessun ufficio, in nessun registro, e tutto ciò perché sei clandestina. Nessuno poteva capire cosa significava sognare giorno e notte di abbracciare i propri genitori, di stringerli tra le tue braccia e di parlare senza fine solo la propria lingua!
Nessuno poteva comprendere per quale ragione seguivo con gli occhi pieni di lacrime un aereo che spaccava il cielo con il suo rumore, fino a vedere nell’immenso azzurro solo una piccola macchia nera.
Nessuno poteva capire cosa significasse camminare tra le strade  cercando invano la propria identità…


Irma Kurti è una poetessa, scrittrice, paroliera, giornalista e traduttrice albanese
naturalizzata italiana. Sin da piccola ha scritto poesie. Al pubblico albanese è
conosciuta anche come autrice dei testi di tante canzoni di successo. Ha scritto più di
cento testi di canzoni. Scrive in lingua albanese, italiana e inglese.
Ha vinto numerosi premi e riconoscimenti letterari in Italia e nella Svizzera
Italiana.
Le è stato conferito il Premio Internazionale “Universum Donna” IX Edizione –
2013 per la Letteratura e la nomina a vita di “Ambasciatrice di Pace” dall’Università
della Pace della Svizzera Italiana.
Irma Kurti ha pubblicato diciannove libri in lingua albanese, dodici in lingua
italiana e quattro in inglese.

Il brano proposto è tratto dal libro “Tra le due rive”, Casa Editrice Kimerik