La tradizione del Canta Maggio nella Valle del Mugello

La tradizione del Canta Maggio nella Valle del Mugello
Di Alessandra (Sasha) Frascati

Su affaciatevi, oh padroni

chè al cantar degli usignoli

son tornati i Maggiaioli

con le sue nuove canzoni.

“Stornelli tradizionali del Maggio mugellano”

I Maggiaioli di Barberino di Mugello.

I miei primissimi ricordi legati al Maggio risalgono ad una lontana primavera del 1994: mi rivedo, bambina, sobbalzante sul sedile posteriore di uno scalcagnato fuoristrada che procede a velocità sostenuta lungo Via del Corso. Seduta accanto a me c’è Elisa, l’amichetta che fa parte del gruppo folkloristico del mio paese, e al rumore del motore si sovrappongono le nostre flebili voci un po’ stonate, che fanno a gara con il brontolio incessante della macchina.

Entrai a far parte del gruppo dei Maggiaioli di Barberino di Mugello un po’ per caso, attratta da quei canti antichi che celebravano l’avvento del mese di Maggio, da quella tradizione secolare che mi parlava di un mondo – quello contadino – ormai quasi del tutto scomparso, ma che riviveva come per magia nelle tradizioni, nei suoni, nei colori. Per me, al tempo una bambina di 8 anni, andare a cantare Maggio era come venire di colpo catapultata in un mondo incantato, in una realtà parallela nella quale i personaggi fantastici della mia immaginazione prendevano vita su un palcoscenico addobbato a festa: un’occasione unica per gioire, tutti insieme, del risveglio della natura dopo il lungo letargo invernale e celebrare l’avvento della primavera.

La tradizione del Cantar Maggio ha origini antichissime e fa parte della tradizione di larghe zone dell’Italia centrale (Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Umbria) e meridionale (Basilicata).

Le radici di questa usanza risalgono ai numerosi riti pagani celebrati nel nord Europa e che furono poi ripresi nella Firenze del XIII e XV secolo, dove il Calendimaggio assunse le caratteristiche che ancora oggi lo contraddistinguono: i canti, i balli, i tornei, lo scambio del majo (tronchetto fiorito) tra innamorati. Fu soprattutto Lorenzo il Magnifico a dare un impulso significativo a questa tradizione, rendendo la festa ricca di avvenimenti: Lorenzo stesso e tutta la sua corte partecipavano ai festeggiamenti scrivendo laudi e poesie che inneggiavano al Maggio e alla primavera.

Boccaccio nel XIV secolo, nella sua opera “Vita di Dante”, apre con questa bellissima introduzione:

“Nel tempo del quale la dolcezza del cielo riveste de’ suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de’ fiori mescolati fra le verdi fronde la fa ridente, era usanza della nostra Fiorenza e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare….”

Le prime testimonianze scritte dell’esistenza di gruppi di Maggiaioli (“cantori del Maggio”) nella zona del Mugello risalgono alla fine dell’Ottocento.

Come da tradizione, ancora oggi, tra il 30 di aprile e il primo di maggio numerosi gruppi di Maggiaioli passano di casa in casa per cantare con gioia canti propiziatori inneggianti all’avvento del Maggio, portando con sé una buona dose di allegria, spensieratezza e vivacità.

Ogni anno, il gruppo porta con sé un alberello, sul quale vengono appese delle pannocchie di granturco, un ramoscello di ulivo e dei fiori, che simboleggiano, rispettivamente, la fertilità della terra, la pace e l’amore; temi, questi, che vengono ripresi anche nelle canzoni del gruppo.

E’ bene precisare che quella del Maggio è una tradizione questuante: giunti sull’aia di un casolare, i Maggiaioli intonavano uno stornello di presentazione e familiarizzavano con i componenti della famiglia, augurando loro un buon raccolto, salute e prosperità, dopodichè, quando il capogruppo lo riteneva opportuno, venivano cantati stornelli nei quali si chiedeva un’offerta in cibo e ognuno dava quel che poteva (formaggio, salame, vino ecc.). Oggi quest’usanza è quasi del tutto scomparsa e si ricevono per lo più offerte in denaro, ma gli stornelli sono rimasti gli stessi:

La massaia ci auguriamo

che sia buona e generosa

che ci porti qualche cosa

perché presto ce ne andiamo.

Se dell’ova a noi ci date

pregherem per le galline

dalle volpi alle faine

vi saranno liberate.

Se andate giù in caciaia

e portate una caciotta

un’altr’anno si ritorna

per onore del capoccia.

A Barberino di Mugello, la tradizione del Canta Maggio venne bandita durante il periodo fascista, per essere poi ripresa negli anni ’60 da cinque compaesani che, con grande entusiasmo, tornarono a cantare Maggio nella vicina valle del Bisenzio. Da quell’anno la tradizione si è sempre rinnovata, puntualmente, di anno in anno, portata avanti con passione dalle nuove generazioni di Maggiaioli.

Ricordando il detto “Triste sarà quell’anno che i Maggiaioli non vanno”, speriamo di poter tornare, presto, a gioire di numerose altre primavere, di infiniti altri Maggi!

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