Genitori “veri”? Una conversazione su genitorialità adottiva e biologica

Conversazione tra Laura Pensini, adottiva di origine coreana, madre di due figlie di 8 e 6 anni e psicologa esperta in adozione, e Roberta La Piana, madre adottiva di un bambino di 9 anni di origine cinese e madre biologica di una bambina di 5 anni.

Mamma, papà, genitori

Roberta: A te cosa fanno venire in mente queste parole? Quali sono le prime reazioni che ti scatenano?

Laura: Per una persona adottiva i termini mamma, papà, genitore sono appresi. Sono termini a cui devi in qualche modo imparare a dare un significato. Ciò è particolarmente vero per chi è adottato da grande, ma resta vero anche per chi è adottato da piccolo.

E anche quando si diventa genitori quel termine è qualcosa che si sente in qualche modo staccato da sé. Io personalmente, quando sono diventata madre, non sentivo che la parola «mamma» mi appartenesse. L’idea di diventare genitore mi sembrava strana. Era come se io fossi nata da me stessa e lì dovesse finire la questione.

Roberta: Come un’auto-filiazione?

Laura: Sì, in un certo senso. Come se il diventare madre comportasse un processo di legame, ma anche di individuazione. L’idea stessa di far nascere qualcuno da me era come se mi togliesse qualcosa.

Ho iniziato a sentirmi madre, a sentire la vicinanza viscerale con le mie figlie non alla nascita, ma più tardi, quando erano ben più grandi. Prima di quell’epoca, il mio essere madre era più un compito : prendermi cura delle mie figlie, crescerle.

Roberta: Quel che dici mi ricorda l’idea che un po’ si ha della genitorialità adottiva. Si tende a pensare che il genitore adottivo è quello che si prende cura, tramite gesti e azioni di accudimento. C’è anche l’espressione, no? «Genitore non è chi fa nascere, ma chi cresce», che a me non piace perché mette in contrapposizione genitori biologici e adottivi.

Laura: Sì, vero. D’altra parte io capisco anche quei genitori adottivi che sentono un legame viscerale con i propri figli. Penso che possa capitare. Esattamente come può accadere ad un genitore di non sentire un legame viscerale con i propri figli biologici che ha generato. No?

Roberta: Mah, la mia esperienza è un po’ particolare. Io sono diventata prima madre adottiva e ho sentito quasi da subito un legame molto corporeo, che definivo viscerale, con mio figlio. È stato solo nel momento in cui ho vissuto la gravidanza di mia figlia che ho riletto la visceralità del rapporto con mio figlio in modo diverso. Sotto un’ottica di mancanza.

Laura: Sì. Devo anche specificare che la mia esperienza non è quella di tutte le persone adottive. Molte altre cercano di avere figli molto presto e hanno con loro un rapporto viscerale intenso fin da subito.

Rispecchiamento

Laura: Una volta ero in metropolitana e ho notato una mamma che guardava il suo bambino nel passeggino. E ho pensato: che bello deve essere avere quello sguardo su di sé! A quell’epoca ero già madre delle mie figlie, ma in quel contesto io mi sono rivista nel bambino, non nella madre. È come se, per una persona adottiva, essere genitore facesse talvolta riaffiorare bisogni che tu, da figlio, non hai visto soddisfatti. E certi momenti, certe esperienze vissute da genitore fanno riemergere il profondo senso di ingiustizia che tu da figlio hai subito.

Roberta: Invece tu come hai vissuto il rispecchiamento – mancato – nei confronti dei tuoi genitori adottivi? Il non poterti ritrovare nei loro tratti somatici?

Laura: Sai, magari non ci rifletti neanche troppo al fatto che non assomigli ai tuoi genitori, però poi può saltare fuori in momenti inaspettati. Ad esempio ricordo una volta al liceo in cui è arrivata una ragazza con tratti asiatici e io immediatamente ho pensato fosse adottata. Quando ho scoperto che era figlia di una coppia mista, ho provato invidia. Ho pensato che lei almeno in uno dei due genitori poteva rispecchiarsi. E mi sono sentita sola.

Il rispecchiamento è fondamentale e me ne sono accorta sempre di più da quando sono diventata madre. I commenti degli altri o delle mie figlie nel ritrovare somiglianze con me e con loro padre mi fanno capire quanto ciò sia importante. Quando le mie figlie trovano somiglianze con noi, le vedo contente, fiere. E mi accorgo di cosa io abbia perso nel non averlo vissuto.

Roberta: Io spesso mi chiedo cosa possa vivere mio figlio che non solo non può rispecchiarsi fisicamente in noi, ma che è costantemente esposto a commenti sulla somiglianza di sua sorella con noi genitori e con altri membri della famiglia.

Laura: Da genitori potete stargli vicino, si può riconoscere la sua sofferenza e il suo vissuto di ingiustizia. Senza minimizzare in alcun modo. Non credo sia facile per un genitore adottivo stare accanto ad un figlio adottivo posto di fronte a queste sofferenze.

Roberta: Io credo che nel momento in cui un genitore adottivo acquisisce una certa consapevolezza sull’adozione, si rende conto che essa è associata inevitabilmente all’ingiustizia. Trovo che si debba parlare sempre di più di quanto il concetto di ingiustizia sociale sia legato all’adozione, qualunque adozione. Non se ne parla abbastanza.

Laura: Non se ne parla abbastanza perché l’ingiustizia viene sacrificata sull’altare della genitorialità. Sul diritto degli adulti di diventare genitori. Io credo che la genitorialità sia l’unico vero atto di egoismo che non solo viene legittimato, ma esaltato.

« Di mamma ce n’è una sola »

Roberta: Dimmi cosa ne pensi di questo modo di dire. Io credo sia molto italiano, non lo ritrovo in altre culture.

Laura: A me scatena le stesse cose di quando dicono «Eh, ma la mamma è sempre la mamma». Una volta la baby sitter delle mie figlie ha detto loro «Vedete che non dovevate preoccuparvi?! Ve l’ho detto, le mamme tornano sempre!» e io ho risposto automaticamente  «Be’, non tutte». Trovo queste frasi ingenue, semplicistiche.

Roberta: A me questo detto ha sempre provocato l’orticaria. Io ho sempre condiviso la mia maternità, adottiva, con la mamma biologica di mio figlio. Noi mamme di mio figlio saremo sempre due. E forse nella nostra famiglia è un concetto ormai normalizzato. Qualche giorno fa mia figlia mi ha detto «Sei la mia mamma preferita!», come se anche lei ne avesse più di una. E in fondo per la nostra famiglia è davvero normale poter aver più madri (anche perché vivendo in Canada vediamo quotidianamente famiglie con due mamme).

Laura: Sì, sulla stessa linea di pensiero, le mie figlie chiedono quando possono andare per un periodo in orfanotrofio. La realtà delle nostre famiglie è diversa. La maternità condivisa tra più persone è normale.

Genitore vero?

Roberta: Un altro concetto o modo di dire che torna spesso in adozione è quella del «genitore vero», della «vera mamma», con cui si intende il genitore biologico, la mamma biologica. Nei corsi pre-adozioni viene usato come esempio di frase da correggere, sottolineandone la contrapposizione con il genitore adottivo, anch’esso «vero». Cosa ne pensi?

Laura: Non so, devo ancora rifletterci bene. È come se fosse un concetto che scatta automaticamente nelle persone. Non necessariamente con malizia o perché supponga la presenza di un genitore falso. Mi interrogo su quanto non sia un concetto in qualche modo innato.

Roberta: Mi fai venire in mente che quando mio figlio usa il termine «la mia vera mamma» riferendosi alla sua mamma biologica, non lo fa per metterla in contrapposizione a me – tant’è che non l’ho mai corretto – ma per sottolineare la propria origine fisica, corporea: lui è nato da lei, è stato creato da lei. Più che sulla legittimità del concetto di madre, quell’aggettivo «vero» ne sottolinea il valore procreativo, generatore, originario.

Laura: Esatto. Il concetto di genitore vero è legato indissolubilmente alle nostre origini. L’idea di genitore vero, originale – nel senso di quello che c’era all’origine della mia vita – permette a me, figlia di sentirmi vera. Reale. E ogni figlio adottivo ha bisogno di sentirsi vero, reale.