Le radici: un tesoro da cui attingere tutta la vita

Di Alessandra (Sasha) Frascati

Forse stai cercando tra i rami ciò che è visibile solo alla radice (Rumi)

Da qualche anno a questa parte si assiste all’esplosione di un fenomeno piuttosto curioso e meritevole, secondo me, di un’analisi approfondita: la ricerca dei propri antenati e delle proprie radici. 

Chi siamo? Da dove veniamo? Queste sono alcune delle domande che tutti ci siamo posti almeno una volta nella vita. Provate a cercare su Google le parole “antenati” e “radici” e vedrete comparire nella lista dei primi 10 risultati alcuni siti che spiegano in dettaglio come cercare notizie sui propri antenati online, tramite gli archivi statali o le parrocchie locali. 

Avete mai visto il film di animazione “Moana” (“Oceania” in italiano, produzione Walt Disney, 2016)? 
Un cartone animato come tanti ma del quale, ricordo, mi colpì una scena in particolare: Moana si trova da sola in alto mare e quando sta per farsi prendere dallo sconforto le appare lo spirito della nonna, da poco defunta. La nonna le ricorda che lei conosce la via dato che i suoi antenati erano viaggiatori che sapevano sempre trovare la strada di casa, anche nella vastità dell’oceano. Grazie allo spirito della nonna e alla ritrovata consapevolezza delle proprie radici, Moana trova in sé la forza per andare avanti.

Questo concetto è estremamente importante: le nostre radici ci ricordano chi siamo e ci indicano la via da seguire. Senza un passato, senza le conoscenze dei nostri antenati siamo come una barca in mare aperto in mezzo ad una tempesta: impauriti e senza una direzione. 

Secondo studi recenti, una delle conseguenze dirette della perdita delle proprie radici sarebbe la crescita esponenziale, nel mondo occidentale, delle malattie mentali, praticamente inesistenti nelle società ancora legate alle proprie radici culturali1. A tutto ciò si aggiunga il fatto che nel mondo di oggi avanza imperante la globalizzazione, che ci spinge sempre più ad essere fotocopie gli uni degli altri.

Un ruolo di primo piano in questo senso è svolto dai mass media che, dietro la spinta delle multinazionali, cercano di plasmarci a loro piacere, utilizzando come mezzo principale la pubblicità e, con essa, la creazione di nuovi (uniformi) modelli di consumo. Da qui la fragilità dell’uomo moderno, la sua insicurezza, la sua difficoltà nell’affermare la propria personalità.

Da poco sono volontaria della Fondazione Progetto Itaca2 – un’associazione che si occupa di fornire aiuto e sostegno a persone che soffrono di disturbi mentali, e sono rimasta colpita nel sapere che, nel 2020, il numero di telefono ad estensione nazionale dell’associazione, specifico per la salute mentale, ha ricevuto ben 194.000 chiamate da tutta Italia, a testimonianza della diffusione capillare del problema. 

Nel 2019 ho partecipato ad un incontro condotto dalla psicologa Silvia Vegetti Finzi presso il CPP – Centro Psico Pedagogico per l’Educazione e la Gestione dei Conflitti di Milano. Di quell’incontro ricordo l’insistenza con la quale la Vegetti Finzi sottolineava l’importanza, ai fini educativi, della narrazione della storia familiare per le future generazioni, per lenire le paure del passato e del futuro, facendo acquisire tramite il racconto una nuova consapevolezza ed una valorizzazione delle proprie origini.

In quest’epoca in cui sembra che le storie siano legate esclusivamente ai ricordi che ci suggerisce Facebook o al collage di foto proposto dall’iPhone, il dono della narrazione assume una valenza ancor più preziosa, da tramandare e conservare gelosamente.


1  https://www.madinamerica.com/2013/08/societies-little-coercion-little-mental-illness/
2  https://progettoitaca.org/