Eclettica, schietta, provocatrice: la vita di Oriana Fallaci

Oriana Fallaci è stata una delle più importanti, e controverse, intellettuali del 900. Giada Marzocchi ce la racconta attraverso la sua biografia e le sue opere.

Di Giada Marzocchi

Ma se nascerai uomo io sarò contenta lo stesso. E forse di più perché ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo, ad esempio, non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo.

In modo superficiale si potrebbe definire Oriana Fallaci come la giornalista più conosciuta e criticata del Secondo Novecento. Già identificarla solo come giornalista sarebbe riduttivo, perché era anche scrittrice e attivista politica.

La vita di Oriana è quasi affascinante quanto quella dei suoi scritti nei quali la parte più intima (penso ad esempio a Lettera a un bambino mai nato), e la realtà storica (come in L’intervista con la storia) si scontrano e s’incontrano, e con i quali ha creato un nuovo modo di scrivere, facendosi strada in un mondo prettamente maschile e in cui le donne avevano ben poco spazio.

Nata il 29 giugno del 1929 da Tosca e Edoardo Fallaci a Firenze in una famiglia modesta – il padre era un artigiano e la madre casalinga – Oriana aveva altre tre sorelle: Neera e Paola, anch’esse giornaliste, ed Elisabetta. Nonostante fosse una famiglia umile, il padre era un grande appassionato di letteratura e così i libri non mancarono in casa Fallaci stimolando in Oriana un grande amore per la lettura, passione che non l’abbandonò mai.

La Seconda Guerra Mondiale bussò alle porte anche della famiglia Fallaci; dopo la caduta del regime fascista e la fuga di Mussolini a Salò, il padre entrò nella Resistenza e portò con sé la figlia maggiore. Oriana, con il nome di battaglia Emilia, lo accompagnò in diverse operazioni di sabotaggio. Da sola, poi, fece da staffetta, trasportando messaggi in codice e giornali clandestini e accompagnando prigionieri inglesi, fuggiti dai campi di concentramento. L’esperienza nella Resistenza, unita alle letture d’infanzia, furono due punti fermi nel suo lavoro, attorno ai quali ruotarono i suoi articoli.

Dopo il diploma al liceo classico di Firenze, s’iscrisse inizialmente alla facoltà di Medicina, lasciandola poco dopo per lavorare presso Il Mattino dell’Italia centrale, occupandosi prima di cronaca nera e poi di costume e spettacolo. Passò in diverse redazioni da L’Epoca, diretto dallo zio, a L’Europea dove si occupava di argomenti considerati “femminili”. Questa scelta limitata non deve sorprendere perché, fino a non molto tempo fa, alle donne erano assegnati gli unici argomenti di cui si riteneva fossero esperte dal momento che in molt* non credevano le donne adatte a trattare, ad esempio, di politica o cronaca.

Per Oriana, forse, fu proprio questa limitatezza argomentativa a spronarla ad andare oltre i ruoli assegnati, tanto da recarsi nel 1954 in Iran per intervistare la principessa Soraya di Persia. Fu un viaggio non da poco, considerando la lontananza e i mezzi limitati dell’epoca. Inoltre, negli anni Cinquanta in Italia (e non solo) era ancora sconveniente che una donna viaggiasse da sola.

Da qui però la sua carriera non si fermò più: pubblicò i suoi primi lavori, come Il Sesso inutile (1961), Penelope alla guerra (1962), Gli antipatici (1963).
Molt*, che fino a poco prima l’avevano ignorata, ora erano affascinat* da questa donna che sembrava sfidare apertamente una concezione ultracentenaria, senza apparente sforzo. Grazie a* suo* lettor* italian* e stranier* -i libri infatti furono tradotti in diverse lingue-, poté anche occuparsi di altro, lasciando da parte il costume.

Arrivarono così gli anni più importanti della sua carriera: nel 1967 e 1968 fu inviata (unica giornalista italiana) durante la guerra in Vietnam. Non si esimette da criticare in primis i soldati e il governo statunitense, ma biasimò anche i vietcong, sollevando, come si può immaginare, un polverone visto lo schieramento delle proteste a favore della parte vietnamita.

Durante gli anni Settanta Fallaci si affermò anche come giornalista politica. Le sue interviste, ancora oggi, sono fonte di modello per l* aspiranti reporter grazie al suo stile innovativo: preparava le domande in modo dettagliato e minuzioso, scrivendo e cambiando, soppesando ogni parola. Fu con questo metodo che intervistò l* grand* della Storia, come Yasser Arafat, Indira Gandhi, Goda Meir e molt* altr*, materiale da cui nascerà L’intervista con la storia.

Un cardine della persona di Oriana Fallaci è sicuramente l’attenzione alle donne e proprio nel momento in cui in Italia si discuteva l’aborto pubblicava Lettera a un bambino mai nato (1975), un racconto intimo dei due suoi due aborti spontanei, dove parla di famiglia, maternità e soprattutto racconta di una donna lavoratrice e nubile, incinta.

Risulta quasi superfluo sottolineare l’attualità di questi argomenti: quante volte ascoltiamo ai telegiornali le denunce di donne che sono state licenziate perché incinte? Quattro anni dopo, seguì il romanzo Un uomo, dedicato al suo compagno di allora, Alexandros Panagulis, leader della Resistenza greca durante il regime dei colonelli che le fu accanto per tre anni. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1976 in circostanze mai chiarite, Oriana gli dedicò questo romanzo.

Da Un uomo, i suoi lettori dovettero aspettare più di una decade per leggerla di nuovo, fino al 1990 quando arrivò nelle librerie Insciallah, nel quale tornò a occuparsi di guerra e politica.

Gli anni Novanta furono, per Oriana, colmi di critiche e polemiche, soprattutto a causa dei suoi attacchi al governo statunitense e italiano per la guerra in Iraq e in Libano, difficoltà aggravate anche dalla scoperta di avere un cancro. Ne parlò molte volte e fu proprio per la malattia che pian piano si ritirò dal panorama intellettuale e giornalistico internazionale.

Credo che Oriana Fallaci sia una di quelle intellettuali che ami o odi, non c’è una via di mezzo e d’altronde era Oriana stessa a essere così: sincera, schietta, provocatoria e ante litteram. Poco importa se non si riesce ad apprezzare tutto della sua carriera e della sua vita, perché, sicuramente, ogni donna può trovare qualcosa di se stessa nella scrittrice fiorentina, una giornalista che, sebbene abbia scritto fino agli anni Novanta, ha da spiegarci ancora molto sul ruolo della donna e sui nostri tempi.