Non amante e musa ma scrittrice e intellettuale: Il fascino delle solitudini di Annie Vivanti

Annie Vivanti è stata per anni relegata a un ruolo marginale nella cultura italiana ma oggi possiamo riscoprirla anche grazie alla nuova edizione della sua raccolta “Il fascino delle solituni” edito da Readerforblind.

Di Giada Marzocchi

Allora mi pare di sentire, dentro di me, ululare un’anima che non è la mia, un’anima affamata, solitaria e selvaggia –l’anima dei mezzi-lupi della prateria

Oggi, a molt* di noi il nome Annie Vivanti non dice nulla. Non ci tornano alla mente ricordi di studi liceali e que* pochi* che si ricorderanno di lei, lo faranno associandola a Giosuè Carducci, primo Premio Nobel italiano per la letteratura.

D’altronde la carriera letteraria di Vivanti inizia proprio con il poeta bolognese, al quale inviò la sua prima raccolta di poesie.

Da questo incontro nacque un grande amore, e proprio per questo Annie Vivanti è rimasta per lunghissimo tempo “solo” l’amante di Carducci. Lei però era una donna cosmopolita, all’avanguardia, emancipata, una scrittrice, poetessa e giornalista che ha saputo offrire nei suoi testi, sia poetici sia in prosa, uno sguardo sul proprio tempo. Ed è in Il fascino delle solitudini, recentemente ripubblicato di Readersforblind, che si denota la sua profonda attualità.

E prima di questi elementi, rimasi seduta davanti alle candide pagine del mio futuro romanzo, con formidabile compito di scrivere un libro né sconveniente, né comune, né falso, né difficile, né triste, né noioso.

Il fascino delle solitudini è una raccolta di racconti, nella quale Annie Vivanti affronta diversi argomenti attraverso aneddoti o fatti, portandoci nel suo mondo e offrendoci la possibilità di sbirciare sui primi del Novecento da un punto di vista insolito.

Il duplice fulcro di questi scritti si percepisce considerando il titolo originale dell’opera, Zingaresca, dal tedesco Zigeunerweisen, riferito alla sonata per il violino di Pablo de Sarasate dedicata alla figlia Vivien: se da una parte, infatti, è proprio grazie a questa sonata che Vivien scoprirà il suo grande talento per la musica, dall’altra non possiamo non notare, una volta letto il libro, quanto l’aggettivo Zingaresca rispecchia la natura della scrittrice che, per curiosità, amore e lavoro viaggiò frequentemente da sola, sempre inseguendo la « passione per la lontananza».

Ci accorgemmo […] quanto eravamo stanchi della nostra vita quotidiana, falsa e convenzionale. Oh, per tornare più vicini alla natura! Oh, per avviarci, puri e epici, verso la primitività…!

Una lontananza solo superficialmente geografica che, in realtà, è un girovagare in cerca di sé stessa.
La reale distanza è quella che Annie Vivanti prende con il suo tempo, distaccandosi da tutti gli schemi sociali imposti che la relegano al ruolo prima di moglie e poi di madre, offrendole in quanto donna ben poche possibilità, cercando in qualche modo anche di «lasciare per sempre il mondo e i suoi allettamenti». Nei viaggi, dunque, tentava di ritrovare sé stessa e il suo posto nel mondo, che forse non raggiunse mai.

I racconti di Annie Vivanti spaziano dal personale al collettivo, dai grandi della storia fino ai più umili e non sono mai fini a sé stessi: la scrittrice non raccontava per il gusto di farlo, ma, attraverso le parole, cercava di comprendere il suo mondo interiore e quello dei suoi tempi, interrogandosi sull’inadeguatezza che provava e sulle sue contraddizioni. In questo modo ci ha lasciato uno spaccato sociale e culturale d’inizio del Novecento forse mai veramente affrontato, che, attraverso la forma breve del racconto, trova la sua realizzazione. Vivanti, abilissima in questo modo narrativo, riesce a racchiudere tutto quello di cui il lettore ha bisogno per immergersi nella sua vita e nei suoi pensieri.