Chiesa e femminismo: dialogo con Michela Murgia e ChatGPT

Di Giulia Farina

Si può essere cattolici e femministi?

Un interrogativo che attanaglia e coinvolge decine di credenti, non più credenti e “atei”.

La risposta che mi sono data io, ormai anni or sono, è stata negativa: troppe le tensioni e le incoerenze con una religione che, sebbene testimoni l’amore per il prossimo, non sembra accettare una società più inclusiva.
L’unica strada che trovo possibile percorrere per conciliare la religione al mio essere femminista sarebbe una lettura emotiva, personale di quanto predicato dalla Chiesa. Non trovo un terreno d’incontro tra molti dei diritti in cui credo e il Bene della dottrina cattolica; non comprendo come una religione che è tanto rivolta al prossimo e alle persone più fragili sia anche quella che osteggia numerose minoranze. Cercare di conciliare le mie posizioni con quelle della Chiesa significherebbe cercare compromessi che snaturerebbero entrambe.

La Chiesa vive una situazione che potremmo definire paradossale: nel tempo è stata un’Istituzione che ha protetto la storia e la memoria delle donne e anche oggi gran parte delle persone che militano nei suoi ambienti sono donne. Al contempo è uno degli organismi che vive con più forza dinamiche patriarcali (sebbene sembri non notarle).

Nonostante ciò, per quanto possa sembrare incoerente, non penso che sia impossibile per una persona cattolica abbracciare parte della lotta femminista. Anche perchè, siamo sinceri, le basi del movimento vengono ormai condivise da buona parte della società civile.
Piuttosto lo scontro si anima rispetto quelle che sono questioni etiche che vedono duramente opporsi le posizioni dell’una e dell’altra parte, come l’aborto e l’eutanasia.
In questo senso non mi riferisco solo all’Istituzione ecclesiastica, ma anche a tutti quei movimenti e associazioni che in nome della Verità e del Bene si permettono di giudicare le scelte altrui e di decidere cosa sia giusto.

L’interrogativo posto all’inizio dell’articolo rimane vivo e, nel tentativo di dare una risposta, ho deciso di interrogare una famosa attivista e scrittrice e l’intelligenza artificiale (proprio così!).
Iniziamo dalla prima: Michela Murgia con uno dei suoi ultimi saggi è accorsa in mio aiuto.
God Save the Queer” il titolo, “Il Vangelo secondo Murgia” quello che avrei scelto io.

Partendo dalla mia stessa domanda Murgia giunge a conclusioni differenti, riuscendo a conciliare il suo attivismo con una fede profonda e incrollabile.
Nel volume non mancano spunti e riflessioni interessanti e indubbiamente Murgia sciorina una serie di conoscenze teologiche che confermano uno studio pedissequo.
In diversi passi mi sono sentita vicina alle sue posizioni, ad esempio nel momento in cui ricorda gli insegnamenti profondi di Cristo, quali l’accoglienza e lo sguardo sempre rivolto al prossimo o quando sottolinea le posizioni tradizionaliste e patriarcali di una Chiesa che non sta facendo abbastanza passi avanti verso il futuro (presente, oserei dire).

L’operazione perpetuata dalla scrittrice mi è sembrata però finalizzata a consegnare un contentino a tutti coloro che cercano facili compromessi, nell’illusione che un connubio tra ciò che predica la Chiesa e ciò per cui combatte il femminismo sia possibile.
Diverse sono le forzature che incombono nello scritto, tra cui considerare Dio la prima entità queer perchè non indentificabile, misterioso, sfuggevole alle etichette di “maschio” e “femmina”.
E allora mi chiedo: la soluzione è veramente imporre una lettura del tutto anacronistica? Ha senso utilizzare caratteri umani per descrivere una creatura che, in quanto trascendente, sfugge a qualsiasi canone?
L’approccio di Murgia inoltre è, come saggiamente sottolinea Marco Grieco, “autoetnografico“. Con ciò si intende un metodo di ricerca che utilizza gli aspetti biografici per interpretare schemi più ampi, nel caso specifico la propria fede con il Cattolicesimo. Partendo dalla propria esperienza di cristiana l’autrice estende il suo modo di vivere la fede a un’interpretazione del tutto personale della religione.

Allo stesso modo trovo il suo scritto coraggioso: indubbiamente viviamo in un mondo e in un’epoca nella quale i fedeli sentono di dover tacere il proprio credo, altrimenti pena è l’esclusione e il giudizio altrui.
Quello di Murgia si erge dunque a richiamo alla condivisione, alla sincerità e al sentirsi accolti. Dunque se da una parte critico l’impianto scelto da Murgia, dall’altra non posso che apprezzare il suo coraggio nel testimoniare la sua fede.
Una fede riposta in un Dio buono, misericordioso, caritatevole e rivolto al prossimo.

Come accennavo poc’anzi, per corroborare – o al contrario ribaltare – il pensiero di Michela Murgia ho deciso di rivolgermi anche a ChatGPT, il nuovo e più famoso sistema di chatbot di OpenAI.
Ho dunque digitato nella barra di ricerca: Si può essere cattolici e femministi? Considera anche le complesse questioni etiche – come l’aborto – e la comunità LGBTQAI+

La risposta ha visto la prospettiva di Murgia più vincente rispetto alla mia.
Anche ChatGPT sostiene che sia possibile conciliare fede religiosa e femminismo pur riconoscendo la tensione scaturita da molteplici tematiche.

Quella che per me è un’incongruenza, ovvero la creazione di una pratica personale, è per l’intelligenza artificiale la naturale soluzione.
Diversi sono gli attivisti cattolici che sostengono la possibilità di una Chiesa diversa e che si impegnano nel cercare di scardinare concetti e tradizioni non più in grado di parlare alla comunità. A questo proposito si riconoscono diversi credenti, sostiene ChatGPT, che pur essendo tali si definiscono anche femministi e pertanto, per questioni come l’aborto, sostengono la libertà di scelta riproduttiva.

Complesso anche il rapporto tra Chiesa e comunità LGBT+: se da un lato si nota, soprattutto con il Papa attuale, una certa accoglienza nei confronti delle persone LGBT, al contempo permane un substrato di condanna.
Con questo non si intende che coloro che professano la fede cattolica siano inequivocabilmente contrari alla libertà di autodeterminarsi dal punto di vista della libertà sessuale, dell’appartenenza di genere ecc, ma è indubbia la tensione che generano tematiche come il matrimonio e l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

In definitiva, una risposta certa, en tranchant, probabilmente non esiste.
Ridurre a un semplice “Sì” o “No” la risposta alla nostra domanda sarebbe quantomeno rischioso, oltre che semplificativo.
Una sorta di risposta, che si manifesta più come un augurio alla Chiesa del futuro, è una frase del teologo Aristide Fumagalli, secondo cui la dottrina non è un monolite che non può cambiare, ma deve essere al servizio dell’uomo.